emergenza coronavirus umanità

In questi giorni incerti e distopici recepisco le notizie del mondo dalla stanza ovattata in cui sono ricoverata, di nuovo.

Sento persone disperarsi (non senza motivo) a causa del rallentamento forzato e altre che se ne fregano, sottovalutando il problema come se non le riguardasse. È un po’ lo stesso atteggiamento ambivalente che si riscontra nell’approccio all’emergenza ambientale.

Benché siano temi diversi, noto dei parallelismi:

  • entrambe le questioni incidono sul bene comune: su salute e economia, sulla gestione di spazi, tempi e risorse comuni
  • i danni che ne derivano possono essere limitati grazie all’azione collettiva. Quest’ultima, resa più efficace se supportata da decisioni calate dall’alto (Governo, istituzioni, politiche aziendali)
  • entrambe sono emergenze (ma solo una è percepita come tale)

L’umanità ai tempi del Coronavirus

Rallentare dicevamo. La “mia quarantena” dura ormai da ottobre.

Fra operazioni, denti spezzati e infezioni, non è stato sempre semplice, eppure la pausa obbligata mi ha portato anche cose positive. Più tempo per la mia famiglia, per pensare, leggere, dedicarmi a attività dimenticate (i documentari e il cucito) e nuove (il decluttering, corsi di marketing online e lavorare a maglia). Credo, in questo momento cosí delicato, sia importante scovare i lati positivi, trarre qualcosa dalla sfortuna e approfittare del tempo guadagnato per diventare migliori come persone e come società.

Chissà che questo non ci faccia capire che anche la salvaguardia del Pianeta (la nostra casa) è affar nostro e che insieme, tutti insieme – dal cittadino comune, alla massima carica – possiamo per una volta mettere da parte l’egocentrismo e l’interesse particolare, per cambiare rotta.

Stiamo uniti, da lontano.