emergenza norme clima

Le norme utilizzate per affrontare l’emergenza sanitaria legata al coronavirus potrebbero essere utili anche per fronteggiare il cambiamento climatico? Mariasole Forlani* analizza la situazione attuale per dare risposta al quesito riportato sulle pagine di tutte le maggiori testate giornalistiche.

Chi?

conte governo italia

L’epidemia causata dal coronavirus COVID-19, poi riclassificata come pandemia nel marzo 2020 dall’OMS, ha colpito indistintamente molti Paesi, tra cui, purtroppo, anche l’Italia. Per questo motivo,  i Governi di molti Paesi si sono ritrovati a dover emanare norme dal carattere emergenziale per fronteggiare l’emergenza sanitaria connessa alla rapida trasmissione del virus.

Le risposte normative che i Paesi del mondo hanno dato non sono state omogenee.

  • Alcuni Paesi, come il nostro, forse anche perché più duramente colpiti, hanno optato per una soluzione di c.d. “Lockdown”, vale a dire una chiusura totale del Paese, con massima riduzione degli spostamenti e dell’attività produttiva, quasi totalmente riconvertita alla produzione di materiale sanitario utile a far fronte all’emergenza.
  • Simili scelte sono state prese da molti altri Paesi europei, quali Francia, Germania, Regno Unito, anche se con modalità e tempi differenti.
  • Ad oggi non mancano, tuttavia, Paesi che scelgono una via meno drastica, ancora improntata al solo rallentamento della diffusione del virus, come la Svezia, che, forse per la propria posizione o per una più scarsa densità di popolazione, può ancora contare su una discreta capacità di controllo della situazione.

L’articolo non ha lo scopo di analizzare le differenti scelte intraprese dai Paesi europei, dal momento che nessuno, ad oggi, è in grado di capire quali siano state le migliori.

Cosa?

È possibile, tuttavia, cercare di rispondere ad un quesito che in molti hanno sollevato ultimamente, soprattutto sui social media: a fronte di un apparente miglioramento delle condizioni climatiche, dobbiamo dedurre che dovremmo affrontare il cambiamento climatico adottando le stesse norme rigorose con cui stiamo affrontando il coronavirus?

esa italia
Fonte: esa.int

Sono molti i quotidiani che in questi giorni di crisi riportano notizie molto positive rispetto al miglioramento delle condizioni climatiche, soprattutto nei luoghi maggiormente colpiti dal coronavirus. In Cina, da dove l’epidemia è partita, nell’arco di due settimane si è registrata una diminuzione del 25% delle emissioni totali. Nel nord Italia, fortemente colpito dal virus, vi è stata una significativa diminuzione nelle emissioni del diossido di azoto, normalmente prodotto dalla circolazione dei veicoli e dalle attività industriali. A New York a marzo 2020 si è registrata una congestione del traffico pari al 17% rispetto al 52% registrato nel marzo del 2019. Le immagini diffuse dall’ESA, l’Agenzia Spaziale Europea, danno conferma ai dati sopra descritti.

Non sono mancate, poi, informazioni e fotografie dal mondo social, che hanno mostrato una natura che sembrerebbe riappropriarsi dei propri spazi. Sebbene non tutte le notizie riportate fossero genuine – sono circolate molte fake news al riguardo – sembrerebbe, effettivamente, che il pianeta stesse, in qualche modo, traendo un sospiro di sollievo.

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Alla luce di tutte queste buone notizie, istintivamente, verrebbe da rispondere in maniera affermativa alla domanda iniziale. Potrebbe, tuttavia, trattarsi di un errore, per svariati motivi.

  • In primis, dobbiamo tenere conto delle intrinseche differenze che sussistono tra l’emergenza data dal coronavirus ed il problema climatico. Nel primo caso, si tratta di una sfida di breve periodo – anche stimando una durata della diffusione del virus non troppo ottimista, gli studiosi sono arrivati a parlare di due anni al massimo. Il problema climatico è, invece, un problema strutturale, contro il quale non esiste e non esisterà un vaccino, che non può essere affrontato con misure emergenziali, ma necessita di misure durature nel tempo e soprattutto gestibili nel lungo periodo.
  • Se ipotizzassimo, ad esempio, di affrontare il problema climatico con misure di lockdown, vale a dire stringenti misure volte alla limitazione di spostamento ed interazione delle persone, le conseguenze non sarebbero fauste né sul piano umano, né su quello climatico. Bisogna innanzi tutto tenere conto del fatto che misure di isolamento sociale sono eccezionali e non sostenibili per lunghi periodi. Si rischierebbe, in sostanza, un effetto boomerang se non, peggio, la mancanza del rispetto delle norme imposte ai cittadini. Chi, onestamente, potrebbe sopportare l’isolamento sociale per anni? Perché di anni si parla. Non è infatti sufficiente una rapida e forte diminuzione delle emissioni per risolvere il problema climatico, ciò che è necessario è una costante diminuzione che deve avvenire nell’arco di decenni.
  • Enormi conseguenze si avrebbero anche sul piano economico, portando così, nuovamente, ad un effetto contrario. Le imprese, anziché essere incentivate a riprendere la produzione con una particolare attenzione al problema dell’inquinamento, sarebbero portate ad accelerare la produttività, molto probabilmente investendo in energia non pulita. D’altra parte, per trovare conferma di ciò, è sufficiente guardare a quanto accaduto dopo la crisi economica del 2008, quando, per tornare a produrre velocemente, le imprese hanno ripreso ad inquinare anche più di prima.

Insomma, pare proprio che misure legali troppo rigide non si adattino ad un problema strutturale ed in continua evoluzione come quello climatico. E già ora si possono vedere alcuni risultati negativi rispetto a ciò. Un esempio? COP26, un ulteriore conferenza sul clima che si sarebbe dovuta tenere a Glasgow il prossimo novembre 2020, è stata rimandata di un anno, in ottemperanza alle misure di restrizione della circolazione. Inoltre, alcuni Paesi europei, in evidente difficoltà economica causata dallo stop alle produzioni, come Polonia e Repubblica Ceca, hanno già avanzato l’ipotesi di uscire dal Green Deal, l’ambizioso Accordo sul clima proposto dalla Commissione europea.

Dove?

Ovunque nel mondo il coronavirus sta purtroppo mietendo numerose vittime, soprattutto tra gli anziani ed i soggetti con pregresse patologie, senza tuttavia risparmiare gli altri strati di popolazione e mettendo a dura prova i Governi. Questi, infatti, si trovano a dover utilizzare degli strumenti legali speciali, che permettano loro di affrontare momenti di crisi acuta.

A chi è rivolto?

Come abbiamo imparato in queste settimane, i decreti emanati dal Governo sono norme indirizzate a tutti i cittadini.

Il contenuto dei decreti è normalmente molto circoscritto, dato che si tratta di strumenti legali utilizzati solamente in casi eccezionali. È chiaro, rispetto al discorso di cui sopra, che tale normativa andrà via via ritraendosi per lasciare graduale spazio ad un ritorno alla normalità; ed è proprio questo aspetto che dovrebbe farci comprendere la diversità tra la crisi da coronavirus ed il cambiamento climatico.

Per risolvere i problemi legati al clima è necessario che la normalità diventi agire per contrastare il surriscaldamento del pianeta e ciò non è possibile se le norme giuridiche che ci permettono di fare qualcosa sono troppo rigide e di carattere eccezionale.

Quando?

Le misure contro la diffusione del COVID-19 sono attualmente in vigore, ma, come anticipato, sono destinate a ritrarsi gradualmente.

Perché?

I decreti emanati dal governo sono necessari per contrastare la rapida diffusione del virus nel nostro Paese. Come sottolineato sopra, non è pensabile applicare la stessa tipologia di policy per affrontare problemi di natura diversa, come quello climatico.

È efficace?

Per contrastare il coronavirus le misure governative sembrano efficaci, per quanto riguarda il problema climatico, come prima messo in luce, non lo sarebbero.

Perché dovrebbe interessarmi?

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Una pandemia, così come il progressivo surriscaldamento del pianeta sono fenomeni che, inevitabilmente, riguardano tutti. Per questo anche l’approccio normativo a questi problemi dovrebbe essere un tema di interesse generale, con il quale tutti i cittadini si dovrebbero confrontare. Se per il tema climatico spesso si assiste ad un generale disinteresse delle norme messe in campo, forse anche perché poco incisive, con la pandemia la situazione si è andata sviluppando in maniera diversa. Infatti, con misure che hanno drasticamente limitato le nostre capacità di spostamento, la nostra possibilità di interagire a livello umano, abbiamo imparato quanto sia importante prestare attenzione a quelle regole che vanno a determinare la nostra vita quotidiana.

Quali sono gli sviluppi più recenti?

Ci sono, tuttavia, degli aspetti di cui dovremmo fare tesoro alla fine di questa traumatica esperienza collettiva. Se, come detto sopra, non si può auspicare nell’applicazione di misure rigide anche per quanto riguarda la definizione delle problematiche legate al clima, si può sicuramente trarre qualche insegnamento da quanto stiamo vivendo ora.

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  1. In primo luogo, potremmo imparare l’importanza del possedere una coscienza civica. Rendersi conto che un semplice atto, come uscire di casa, potrebbe avere un forte impatto sugli altri cittadini, rendendoli più vulnerabili, in quanto tutti potremmo essere portatori sani del virus, potrebbe insegnarci ad avere atteggiamenti più rispettosi anche in altri settori. Un esempio? La raccolta differenziata. Se butto una bottiglia di plastica nel posto sbagliato, non sto facendo un torto alle autorità, ma lo sto facendo a mio figlio, che tra qualche anno sarà destinato ad affrontare nuove crisi, magari causate anche dal mio comportamento.
  2. In secondo luogo, le imprese potrebbero potenziare le loro risorse nel campo del telelavoro. Ci si è resi conto, infatti, che molte professioni possono essere svolte anche da casa. Perché, quindi, non pensare di implementare questa scelta anche una volta terminata la crisi? Questo permetterebbe a molti di evitare di recarsi in ufficio ogni giorno, diminuendo quindi i propri spostamenti.plane emission
  3. Infine, molti eventi, conferenze, riunioni, si sono tenute, in questo periodo, per mezzo di internet. Che non sia un ottimo suggerimento anche per il futuro? Si potrebbero, in questo modo, evitare spostamenti di delegati, giornalisti ecc. che normalmente avvengono per via aerea, una delle più importanti fonti di inquinamento.

Cosa concludo?

Non è possibile pensare di affrontare l’emergenza climatica al pari di quella causata dal coronavirus, in quanto le misure emergenziali atte ad impedire la diffusione del virus non sarebbero sostenibili nel lungo termine, impedendo, quindi, di risolvere un problema strutturale e di lungo periodo come quello climatico. Ciò non toglie, tuttavia, che ci sono alcuni aspetti della nostra vita quotidiana che potremmo considerare di modificare, anche di poco, in modo tale da rendere la lotta al surriscaldamento climatico e all’inquinamento parte integrante della nostra vita quotidiana, privandola di quell’elemento di emergenza che spesso osteggia la sua reale risoluzione.

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Fonti:

* Giurista specializzata in Diritto pubblico Internazionale